IL MONDO DI OGGI SARA’ IL DECENTRALIZZATO DI DOMANI? O DEL FRA POCHI MINUTI?

EDITORIALI

 

Oggi ci troviamo davanti ad un mondo che sta cambiando ad una velocità fino a pochi anni fa assolutamente impensabile. Lo abbiamo visto con la novità del telefono che scatta le foto (2002), del cellulare con cui è facile navigare su internet ed inviare email senza nessun proxy (2007), del cellulare e degli oggetti tecnologici da comandare con la parola.

Decentralizzazione nell’uso quotidiano

Più recentemente abbiamo avuto la prova tangibile di come la realtà che negli anni ’80 veniva vista come “il 2000” o “il futuro”, oggi sia la realtà oggettiva: possiamo vedere un film senza esserci nemmeno scomodati ad andare ad affittare un video (cassetta o dvd poco importa), così come possiamo ordinare un oggetto qualunque e vedercelo recapitato il giorno dopo, se non addirittura in un’ora se abitiamo in una grande città. E tutto questo senza temere quella che una volta era lo spauracchio degli ordini a distanza, ovvero la truffa. Addirittura consideriamo i grandi player del commercio online più sicuri del negozio nella galleria del centro commerciale.
E per avvicinarci ancora di più alla realtà attuale, quella ai tempi del covid-19, non sono da ultime le possibilità della Didattica a Distanza (DAD) e quella del telelavoro. La connessione internet che permette di vedere l’insegnante in uno schermo era un mito degli anni ’80, che sarebbe stata utile per seguire le lezioni se l’allievo avesse una gamba rotta. Ma anche la possibilità di lavoro da casa, senza doversi svegliare anche 3 ore prima di iniziare la propria giornata lavorativa, è stato un notevole passo avanti, con notevole risparmio di risorse da parte del lavoratore e del datore di lavoro.

Mano in mano che passa il tempo, ci stiamo spostando sempre di più verso servizi decentralizzati. Questo è il punto di vista del grande pubblico, a cui appartengo. Ma da appassionato delle nuove tecnologie, la decentralizzazione la vedo in quel dietro le quinte immediatamente dopo il sipario: quello che per qualcuno è smart working, per l’utente finale è un servizio decentralizzato, quindi se una volta chiedevo un certificato all’impiegato del comune, adesso lo chiedo online e, con ottima probabilità, il servizio verrà svolto dallo stesso impiegato che sta comodamente a casa. Stessa cosa per la banca, le poste, previdenza sociale, assicurazioni auto. Tutti enti che gestiscono una marea di dati. Se vogliamo, i grandi player internazionali del mondo tech gestiscono moli di dati assurdamente più grandi. Di certo non nello stesso posto.
Facendo un secondo passo oltre il sipario di cui sopra, c’è il ferro, l’hardware, la memoria di tutte queste abnormi quantità di dati che, per motivi di sicurezza, non si trovano tutte nello stesso posto, ma in più copie in diversi data-center dislocati nei cinque continenti, tale da fare una di backup all’altra. Anche i nostri dati più privati, come le cartelle cliniche o i nostri depositi ed investimenti bancari. Dal punto di vista informatico questa è la sicurezza, in quanto se un data-center dovesse andare a fuoco, ce ne sono almeno altri 2 di backup.

Internet e la decentralizzazione del peer to peer

In Italia Internet si è sviluppata per il grande pubblico nel 1997, quando un provider ha deciso di non farsi pagare l’abbonamento di accesso ad internet stessa. La prima conseguenza di internet è stata lo scambio di idee e non solo quelle: nel 1999 nasce Napster e lo scambio illegale di Mp3. Chiunque aveva un nuovo cd, lo trasformava in mp3 e lo condivideva in rete. Come è ovvio i creatori di contenuti si sono opposti a questa tecnologia, chiedendo leggi sempre più restrittive, e trovando nel sistema peer 2 peer un tallone d’Achille: i server.
Napster utilizzava dei server attraverso i quali passava tutto lo scambio, tale da conservare una quantità di dati enorme. Questo possesso ha fatto si che Napster potesse essere fermato come servizio. E con esso i vari cloni di condivisione che si sono intanto sviluppati come Emule – Edonkey, Gnotella, I-Mesh e chi più ne ha più ne metta. Fino a quando nel 2005 circa nasce il Bittorrent: un protocollo p2p senza un server centrale, in cui i files in condivisione vengono scambiati fra i possessori, ma senza dover passare da un nodo centrale. E’ l’uovo di Colombo dello scambio dati, in quanto il possessore del file .torrent può effettuarne e permetterne il download a chi ne possiede altre copie.E siamo di nuovo alla decentralizzazione. Non più un server centrale, ma ogni possessore del file o di una parte di esso diventa server per chi cerca lo stesso file. Questo sistema poi si è sviluppato non solo dal punto di vista della pirateria dei contenuti, ma anche dal punto di vista dello sharing legale: il nostro amato linux è stato distribuito oltre che tramite download presso il sito della distro, anche tramite .torrent, alleggerendo e non di poco i server delle distro stesse.

La tecnologia di share decentralizzato è stata a sua volta capostipite di un’altra tecnologia: il mondo delle cripto-valute.
Le cripto (o crypto, fate voi) valute nascono dal bisogno di decentralizzare la ricchezza, di cui ogni stato è egemone.

 

Un po’ di storia degli asset economici

Spostare il valore degli scambi, dal baratto all’oro è stato il compito svolto nel medioevo, che si è sviluppato negli scambi internazionali con il certificato “pagabile al portatore” emesso dai primi istituti bancari. Questi certificati sono stati alla base dello sviluppo economico dell’interesse e di tutti gli sviluppi che ne sono conseguiti, con relativi introiti per gli istituti bancari dell’epoca.
NDR: non bisogna cercare lontano, la culla dell’attuale sistema bancario con interessi attivi è passivi è Genova, la Superba, visto l’enorme volume di scambi commerciali via mare e via terra.
Il passo successivo è stata la centralizzazione da parte dello stato della moneta, rendendola unica sul territorio nazionale, togliendo quindi le redini alle banche di questo carro trainato dall’economia dell’epoca.

Decentralizzazione e asset (cripto – valute & Co.)

Questa centralizzazione viene messa in discussione proprio dalle cripto-valute: un sistema di asset finito e decentralizzato, che viene emesso con cadenza matematica, i cui scambi sono pubblici e come tali pubblicati su una Blockchain.
Come ben sapete, parlare di cripto-valute significa parlare della madre delle cripto-valute, ovvero il Bitcoin. Infatti il Bitcoin nasce a tavolino, con delle regole a governo piuttosto rigide, ma programmato per essere il futuro della moneta. Forse non sarà la moneta che vincerà la storia, ma un po’ come Napster, ne sarà di certo una pietra miliare.
Il Bitcoin vuole essere un asset, un valore, di entità finita, quindi come le materie prime o i minerali nel mondo, che viene emesso con una cadenza regolare.
Il modo per ottenere i Bitcoin è quello di farei il Miner (minatore). Come avviene per la ricerca nelle miniere d’oro, durante lo scavo delle gallerie spuntano le pepite d’oro, allo stesso modo i miners eseguono dei calcoli di crittografia distribuita e ogni tot calcoli spunta per loro una pepita di Bitcoin in maniera assolutamente random.

Ho scritto della Blockchain ma non l’ho presentata: la Blockchain è una tecnologia che, per i non informatici come il sottoscritto, è assimilabile ad una grande bacheca, su cui chiunque può scrivere ciò che vuole (c’è anche il messaggio “Angelo & Silvia oggi sposi 3/10/2020”) ma nessuno può cancellare. Questa tecnologia permette di fare in modo che lo stesso Bitcoin non venga emesso 2 volte, ma ne venga certificato il passaggio dal wallet (portafoglio) A al wallet B una ed una sola volta. Il compito dei miners è quello di risolvere una serie di equazioni di crittografia per certificare questo passaggio e pubblicarlo sulla Blockchain, tale da sapere che in ogni wallet ci sono tot Bitcoin.
E questo perchè la Blockchain è un sistema pseudonimo, non anonimo. Deve garantire la non fallibilità degli scambi, tale che a fronte di almeno 3 validazioni dei miners, lo scambio può ritenersi sicuro, mentre a 7 validazioni è assolutamente certo.
Il bello è che, trattandosi di calcolo distribuito in tutto il mondo, a qualsiasi ora del giorno e della notte, nonostante feste nazionali e religiose, ci saranno sempre dei miners connessi a validare gli scambi delle cripto-valute.
E tutti i possessori di un wallet Bitcoin hanno la possibilità di “vedere” la Blockchain e gli scambi semplicemente perchè ad ogni connessione scaricano e successivamente uploadano gli aggiornamenti della Blockchain stessa: ogni possessore di wallet, è il pubblico pubblicante di tutto ciò che è presente in Blockchain, che in questo modo è condivisa ma assolutamente decentralizzata.

Un’altra teconologia che sfrutta quella della Blockchain è quella dei cosiddetti Smart Contracts.
Se il Bitcoin vuole essere una moneta assolutamente decentralizzata, senza nessun controllo centrale quale uno stato o una banca centrale, gli smart contracts sono i contratti, accordi in forma scritta fra 2 o più parti non più cancellabili. Quindi la vendita di un immobile o una eredità non necessita il sigillo di una figura terza, che nel mondo “fisico” sarebbe il Notaio, che fa da garante per il contratto. Il semplice renderlo pubblico e non modificabile è di per sè una garanzia del contratto stesso.

Gli NFT

L’ultima novità della decentralizzazione che sta avvenendo su internet sono gli NFT, i “Non Fungible Token”.
I token fungibili sono quei valori intercambiabili a pari valore: se scambio un biglietto da 20€ in cambio di 2 da 10, ho effettuato un scambio di token fungibili dello stesso tipo. Anche lo scambio fra valute differenti è lo scambio tra token fungibili.
Diverso è lo scambio con beni non fungibili, ovvero irreplicabili: se compro un appezzamento di terra, questo avrà un valore, dato dalla posizione, dalla nazione in cui è situato etc., ma sarà unico: non potrò comprare un appezzamento IDENTICO in un altro posto, fosse anche confinante.
La stessa cosa rappresenta una casa. La stessa cosa un’opera d’arte.

Gli NFT sono praticamente delle opere d’arte digitale uniche, certificate da una blockchain che ne attesta l’autenticità, dalla creazione, all’esposizione, alla vendita, in maniera totalmente decentralizzata. La loro vendita avviene principalmente in aste online di cui ci sono già diversi siti specializzati.
Ovvio che, come tutte le opere d’arte, possono anche essere oggetto di investimento, anche se ai più può essere visto come un collezionismo fine a se stesso, solo per appassionati di ristrettissime nicchie: una volta si collezionavano le figurine dei calciatori o dei giocatori del baseball, oggi la NBA sta vendendo riprese dei canestri più spettacolari come fossero NFT, quindi con un valore intrinseco di opera d’arte.
E tutto questo processo, la creazione, l’esposizione, l’asta ed il possesso di questi NFT è totalmente decentralizzato.

 

Nell’esordio scrivevo della velocità sempre incalzante dei cambiamenti del mondo che stiamo vivendo.
Personalmente vedo questo nostro tempo in cui è sempre più difficile restare al passo, se non crescendo a piccoli passi ma ravvicinati. Del resto queste righe non vogliono assolutamente essere un compendio di conoscenze, ma al massimo una fotografia, parziale, del mio punto di vista, del cambiamento che stiamo vivendo.
E di quel cambiamento digitale che piano piano si sta riflettendo nel mondo reale con maggiore inerzia, ma in modo inesorabile.